Grock spiega perché Twitter/X é il social più violento e aggressivo

L’idea che X sia considerato “il social dell’odio” deriva da una percezione diffusa, amplificata da studi e dibattiti, secondo cui la piattaforma, dopo l’acquisizione da parte di Elon Musk nel 2022, avrebbe visto un aumento dei contenuti di odio, o hate speech. Tuttavia, questa affermazione va esaminata con attenzione, distinguendo tra dati, percezioni e narrazioni.

Perché questa percezione?

  1. Cambiamenti nelle policy di moderazione: Dopo l’acquisizione di Musk, X ha adottato un approccio più permissivo alla libertà di espressione, riducendo alcune restrizioni sui contenuti rispetto a Twitter pre-2022. Questo ha portato a critiche secondo cui la piattaforma non intervenga abbastanza contro insulti, commenti razzisti, misogini o xenofobi. Uno studio dell’Università della California, Berkeley, ha rilevato un aumento del 50% dei discorsi d’odio nei mesi successivi all’acquisizione, anche se i dati specifici vanno contestualizzati.
  2. Amplificazione algoritmica: Gli algoritmi di X premiano i contenuti che generano molte interazioni, spesso polarizzanti o divisivi, perché attirano più attenzione. Commenti provocatori o “tossici” tendono a ottenere maggiore visibilità, alimentando l’impressione che l’odio sia dominante.
  3. Anonimato e disinibizione: La possibilità di agire in modo anonimo o con profili falsi facilita comportamenti aggressivi, come il trolling o il cyberbullismo. Questo fenomeno non è esclusivo di X, ma la sua natura aperta e meno moderata può amplificarlo.
  4. Dati specifici: Secondo un rapporto della European Union Agency for Fundamental Rights (FRA) del 2023, X è la piattaforma con il più alto tasso di contenuti d’odio tra i social analizzati, con oltre il 53% dei post contenenti commenti razzisti, misogini o incitamenti alla violenza. Le donne sono le principali vittime (35% dei contenuti d’odio), seguite da migranti, rom ed ebrei. Inoltre, la “Mappa dell’Intolleranza” di Vox (2024) evidenzia che il 57% dei tweet analizzati su X contiene messaggi negativi, con un forte incremento della misoginia (50%).
  5. Inchieste e critiche istituzionali: La Commissione Europea ha avviato un’indagine su X per verificare la conformità al Digital Services Act (DSA), che obbliga le piattaforme a contrastare l’odio e la disinformazione. La percezione è che X non stia facendo abbastanza per rimuovere contenuti problematici, nonostante le segnalazioni degli utenti.

Controargomentazioni

  • Libertà di espressione: I sostenitori di X, incluso Musk, sottolineano che la piattaforma dà voce a una pluralità di opinioni, anche controverse, senza censure eccessive. Ciò può essere interpretato come un tentativo di bilanciare la libertà di parola con il contrasto all’odio, anche se il confine tra i due è dibattuto.
  • Non esclusività del fenomeno: L’hate speech non è unico di X. Piattaforme come 4chan, Reddit o Telegram hanno anch’esse problemi di contenuti tossici, spesso amplificati dall’anonimato e dalla mancanza di moderazione.
  • Dati non sempre chiari: La definizione di “discorso d’odio” varia tra paesi, piattaforme e normative, rendendo difficile una misurazione oggettiva. Ciò che alcuni considerano odio, altri lo vedono come critica legittima, e questo complica l’analisi.

Perché X sembra più “tossico”?

  • Visibilità mediatica: Essendo una delle piattaforme più usate (circa 35 milioni di utenti in Italia nel 2019), X attira più attenzione rispetto a piattaforme più di nicchia come 4chan.
  • Polarizzazione politica: X è un’arena per dibattiti politici accesi, dove figure pubbliche e troll possono amplificare conflitti, spesso sfruttando eventi di cronaca per alimentare l’odio.
  • Effetto eco: La struttura di X favorisce la formazione di “camere d’eco”, dove gruppi di utenti con visioni simili si rafforzano a vicenda, a volte sfociando in attacchi coordinati (shitstorm).

Conclusione

X non è intrinsecamente “il social dell’odio”, ma la combinazione di una moderazione più lasca, algoritmi che premiano l’engagement e l’anonimato contribuisce a questa percezione. Il fenomeno dell’hate speech è però più ampio e riguarda tutte le piattaforme social, con X che si distingue per la sua visibilità e il volume di contenuti. Per contrastarlo, servirebbero normative più chiare, come suggerito dalla Commissione Segre in Italia, e una maggiore consapevolezza degli utenti. Tuttavia, la tensione tra libertà di espressione e controllo dell’odio rimane un nodo irrisolto. [alcune parti sono tratte da OpenPolis]