Lettera aperta a Milena Gabanelli

La puntata di Report che è andata in onda domenica 10 aprile 2011 è stata costruita su due assiomi che si è cercato di dimostrare: che le aziende guadagnano (non l’avremmo mai sospettato) e che i social network rubano la privacy e l’anima.

Il programma è stato un crescendo di mezze verità, costruito doppiando ad arte gli interlocutori, per dare il senso di falsità con pause non presenti nella presa diretta, con voci sibilline.

Una costruzione forzata fatta di imprecisioni, banalità, interviste pilotate e selezionate, con lo scopo di raccontare come i social network siano il male.

La rete si è ribellata e, magari facendosi aiutare, Lei scoprirà che migliaia di persone hanno riversato on line la loro rabbia per una trasmissione sconfusionata, senza senso, che mette insieme virus, giochi on line, soldi, minori, adescatori di bambini.

Un turbine bieco di ignoranza tecnologia e di frasi ripetute a papagallo.

Mi dispiace, Cara Milena, ma i soldi pubblici, quelli che passano per la RAI per arrivare nelle tasche della Sua società che confeziona Report, non possono essere utilizzati per fare del terrorismo psicologico, per raccontare il quasi vero, per sostenere tesi lontane milioni di anni dalla realtà.

Evidentemente la Sua cultura umanistica, che lei spesso rivendica, come la “scarsa dimestichezza” con i mezzi digitali questa volta l’hanno porta fuori strada.

Questo paese ha bisogno di tutto tranne che di falsità, deve crescere culturalmente e tecnologicamente.

Mi spiace che facce note si siano prestate a questa pagliacciata.

Con mutata stima.