Intervista con il Prof. Giancarlo Carnevale Preside della Facoltà di Architettura di IUAV Università di Venezia pubblicato su IUAV:57
C’è […] un problema relativo alla formazione critico-estetica, che appare mediamente carente nel percorso seguito da uno studente della nostra scuola. Io trovo che questa sia un’affermazione che andrebbe sviluppata ulteriormente: non credo che sia questa la vera carenza; noi abbiamo dei corsi che sviluppano questo sapere, distribuiti lungo tutto l’arco del percorso formativo, ma il punto cruciale è che, nei nostri studenti, manca la formazione politica. Si tratta di una coscienza critica che avrebbe dovuto formarsi già e, ovviamente, non può essere surrogata dalla scuola soltanto.
Registro una profonda immaturità negli studenti, soprattutto negli ultimi anni, e lo dimostra il fatto che non vi sia un’attività politica da parte del movimento studentesco. Il pensiero critico nasce dalla formazione politica, poi si può educare il gusto, possono essere forniti gli strumenti per esercitarlo, la conoscenza storica, l’esperienza dialettica, ma credo che questo ruolo, più o meno, la nostra scuola lo svolga. Una conferma della gravità della carenza della formazione critica nei nostri laureati, la si ha se si guarda al panorama del mercato professionale: la produzione di architetture mediocri, salvo qualche eccezione, è vasta e pervasiva. Sono anche convinto che non è vero che il nostro laureato non sappia far di meglio, però preferisce adattarsi ad un mercato “doppato”, è orientato dal gusto corrente. Il gusto corrente, in Italia in particolare, è terribilmente arretrato, per cui quello che si trova in giro, e non solo nel Veneto, è un‘architettura manierata scadentissima, che sappiamo non essere il frutto del lavoro dei geometri – come si diceva una volta per dissociarsi – ma degli architetti. Non credo che non sappiano di far male, penso semplicemente che non abbiano né la capacità, né la forza, né gli argomenti per imporre un’architettura decente come quella che si trova in paesi non più evoluti di noi, come Spagna, Portogallo, per non dire della stessa Grecia.
Quindi il problema di una formazione critica c’è, però c’è soprattutto un problema di apprendimento, e l’apprendimento diventa difficile nel momento in cui viene meno in tutta una generazione, ma ormai in più di una generazione, la capacità di elaborare una tesi politica. Non c’è un progetto da parte dei giovani diverso da quello della società in cui ci si ritrova, c’è l’accettazione di un modello di vita che tutt’al più si cerca di perfezionare. Il mio è un discorso viziato dal fatto di appartenere ad una generazione che invece, seppur con molti fallimenti, ha cercato una propria strada, una propria
collocazione nella società, in una società che in qualche modo ci emarginava.
Lo stesso non accade oggi, pur essendo la vostra generazione molto più in pericolo rispetto alla mia, perché il precariato vi incalza, perché non ci sono prospettive concrete di valorizzare la professione
che cerchiamo di trasmettervi e perché c’è un mercato che appare insensibile depresso e lontano dalla cultura che noi cerchiamo di alimentare, quindi c’è una situazione di rischio e di pericolo e purtroppo non viene percepita come tale.
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C’è scarsa coscienza del fatto che voi siete i nostri datori di lavoro, che voi pagate e noi siamo pagati, che noi forniamo un servizio e che l’università senza gli studenti non esiste più. Al contrario, si avverte il protrarsi di un’immaturità che nasce da un’educazione scolastica mediocre. Porto alla vostra attenzione un dettaglio rivelatore, un elemento di colore su cui vi chiedo di riflettere. Un tempo esisteva la festa della matricola, che era un rito di passaggio nell’età adulta, quindi lo studente che si iscriveva all’università veniva sottoposto a vessazioni: una sorta di cerimoniale iniziatico. Oggi questo accade cinque anni dopo, il che vuol dire che sono i venticinquenni ora ad entrare nell’età adulta, non i diciottenni. Il tema
del “bamboccione”, la figura retorica rispolverata da Padoa Schioppa, è un problema concreto. Venezia, che è una città inospitale con prezzi altissimi e con un mercato della residenza blindato, non permette agli studenti di vivere all’interno dell’ambiente universitario, i pendolari rappresentano il 70-75% quindi continuano a risiedere nell’ambiente che li ha educati, dove hanno fatto le scuole medie superiori, frequentano gli stessi amici e non riescono ad emanciparsi rispetto alle famiglie. Insomma,
c’è un insieme di fattori che frena una maturazione intellettuale più armoniosa. Questo ritardo si avverte in un rapporto docente studente di tipo passivo; mentre in una disciplina come la nostra l’auto apprendimento è determinante, ma non può esservi autodidattismo in assenza di maturità intellettuale.