Che la carta stampata, con la sua propaggine proto-digitale, sia in crisi non c’è dubbio. Che l’unico motore che mantiene (forse) in piedi un modello di business vecchio sia la pubblicità è altrettanto vero. Eppure la stampa di qualità avrebbe uno spazio, anche economico, se si rinunciasse al modello imposto dalle visualizzazione degli ADV e si lavorasse in maniera seria su modelli di business che valorizzino la qualità dei contenuti. Qui non entrano in gioco solo gli editori ma specialmente i pubblicitari che mediano un rapporto poco chiaro con gli inserzionisti. La pubblicità non ha, e non può avere, una dimensione metrica basata sulle visualizzazioni perché dietro ad ogni click o visita ci sono persone di verse con capacità di spesa diverse e propensione diversa all’acquisto. Sparando sul mucchio qualcosa si prende ma in questo momento le pallottole costano più del bottino. Agenzie e giornali on line, blog e siti tentano in maniera nativa o doppata di gonfiare il traffico attirando ogni forma di click vero o falso pur di far quadrare i numeri, ricorrendo ad espedienti come le pagine annidate, le trappole cognitive e ricariche inattese e inutili delle pagine.
Ma sono i contenuti quelli che preoccupano maggiormente. La costruzione di molte notizie che, non solo non hanno dignità di essere definite tali, ma che nel migliore dei casi sono falsità, pettegolezzi e servono solo per attirare la curiosità morbosa di una fascia scarsamente scolarizzata di navigatori.
In questi casi le fonti vengono accuratamente scelte tra quelle meno attendibili perché pubblicano notizie curiose, assurde, ridicole, strumentali o semplicemente stupide.
E qui ne raccolgo alcune. Giusto come promemoria.