La storia non è un film

armwPiegare la storia per sostenere una ipotesi, un credo, una ideologia. Si è sempre fatto e sempre si farà. La storia non la scrivono i vincitori ma i servi dei vincitori. Per questo qualsiasi indagine storica ha bisogno di fonti certe, autorevoli, reputate, riconosciute. Senza le fonti non è storia, è un’opera di fantasia. Sono incappato in Facebook nella cruda immagine che allego qui sotto e che riportava come dicitura “1917 – Massacro, tortura e crocifissione di migliaia di donne armene da parte dell’esercito turco”. Un pugno allo stomaco, ma non è quello che mi ha colpito. Mi ha colpito il fatto che non la conoscessi. Possibile certo, ma essendo stato, per ben due volte allievo del Prof. Italo Zannier, massimo esperto di storia della fotografia in Italia come avrei potuto perdermi una così importante testimonianza storica?

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La foto viene spacciata per una testimonianza reale di un fatto storico.

La foto dal punto di vista dell’inquadratura e della forza è perfetta, quasi una messinscena. Mi sono messo a cercare. In rete ci sono dozzine di blog che riportano la foto, senza fonte, ma attribuendola all’eccidio degli Armeni. Per chi non ricordasse con precisione una delle pagine più terribili della storia moderna si vada a vedere la voce su Wikipedia (meglio in inglese).

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Tutti i post che avevano la foto erano seguiti da tantissimi commenti su come la “verità sia stata negata”.

Non mancano altre “verità”. Ad esempio questo link riporta “Crucified Armenian women in the region of the Der-es-Zor. Some women were saved–as here in the picture–by Arab Bedouins who took them back down from the cross.

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Eppure tracce di fonti: zero. Una didascalia mi ha fatto sobbalzare sulla sedia “1917 – Massacro, tortura e crocifissione di migliaia di donne armene da parte dell’esercito turco – Foto recentemente pubblicata, custodita nell’Archivio Segreto del Vaticano.LOL. Il famoso Archivio Segreto del Vaticano. Roba da complottisti e PBLR a questo punto.

Una rapida ricerca con immagini simili e scopro (ma tutti avrebbero potuto farlo magari prima di commentare) che si tratta, come si intuiva, del fotogramma di un film girato nel 1919 dal titolo “Ravished Armenia”. Un film di denuncia recentemente restaurato. Le immagini sono tratte proprio da quell’opera (se volete vederla questo è il link, per leggere l’articolo del Museo del Genocidio Armeno il link è questo, per vedere la scheda del film con l’elenco degli attori lo trovate qui, altro qui) ed è una finzione.

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Ricostruisce dei fatti probabilmente avvenuti ma spacciare il falso per vero non fa bene alla storia, anzi lo fanno i regimi totalitari e quelli che vogliono ingannare.

Non fa bene alla causa armena e nemmeno al ricordo di quegli eventi terribili.

Ma chi diffonde queste notizie le giustifica con “Purtroppo è necessario “far vedere” certe cose perché se ti limiti a dirlo la gente non capisce…” dando di fatto dell’imbecille all’interlocutore, sostenendo di possedere solo lui la verità, la capacità di conoscere. Pericolosissimo.

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Non è vero che “anche se non è vero serve a ricordare”, è proprio questo l’errore di fondo, l’ignoranza dei meccanismi psicologici della condivisione sociale. Un falso è un falso e perpetrarlo significa sfruttare quei morti per imporre la propria idea, le proprie convinzioni, fare il gioco di chi getta benzina sul fuoco.

Ecco la sequenza completa:

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